Dio non è superficiale

Dopo la gioia per l’ordinazione sacerdotale di sabato 12 giugno, questa domenica abbiamo la gioia di avere con noi don Angelo Papia per celebrare la sua prima Messa qui a Luino. Per noi è stato un dono grande condividere la sua preparazione all’ordinazione sacerdotale, mentre svolgeva il suo servizio pastorale nella nostra Comunità e in altri ambiti del decanato, godendone i frutti. Continuiamo a pregare per lui, che è in attesa della destinazione e con lui lodiamo il Signore per le meraviglie che opera attraverso gli uomini e le donne, chiamati ad annunciare il Vangelo e ad intercedere per ottenere da Dio misericordia per l’umanità che spesso è smarrita.

Forse che Dio ha bisogno di essere supplicato per offrire misericordia? Ci viene incontro su questo tema la lettura del libro della Genesi di questa domenica con l’episodio di Sodoma e Gomorra, in cui Dio si esprime così: “Voglio scendere e vedere se proprio hanno fatto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere”. Qui la Scrittura insegna ai giudici che non devono pronunciare un verdetto che comporti la pena capitale, senza prima avere preso una visione personale dei fatti. Questo brano ci dice che Dio vuole conoscere per bene le cose, vuole capire cosa dimora nel fondo del nostro cuore, ma Dio dice anche a noi di scendere dai nostri piedistalli giudicanti, di non declamare dall’alto.

Dio ci chiede di interrogarci, di non essere superficiali, di andare a fondo delle cose. Il suo Figlio Gesù è sceso non tanto per sapere, perché conosceva già la realtà umana, ma per condividere, dimostrando un cuore non indifferente, ma carico di affetto e di compassione, con il desiderio di salvare e non di distruggere l’umanità.

Tocca a noi riconoscere la bontà di Dio, che vuole fare festa con gli uomini, come narra la parabola raccontata da Gesù, che va compresa per bene. Infatti egli ci vuole scuotere dalla nostra indifferenza o dalla sfacciata sicurezza, ostentata dagli invitati che rifiutano la partecipazione alle nozze: “Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”. Indifferenti, incapaci di prendersi cura, senza nessuna passione e con un cuore teso solo ai propri interessi. Di fronte al rifiuto il re della parabola fa entrare buoni e cattivi, chiedendo indossare l’abito della festa, ma anche qui c’è uno che fa di testa sua e non lo indossa. Quel vestito è l’invito ad aprirsi a nuovi orizzonti, a cambiare vita, ad accogliere la profezia di un mondo nuovo.

Il Signore ci chiede oggi di non tenerci il nostro vestito vecchio, la veste bianca donataci nel battesimo è il segno di quella novità da accogliere e da valorizzare per non morire, stretti ai nostri meschini calcoli umani.

don Sergio

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Opera: Monogrammista di Brunswick, Parabola del grande banchetto – 1525 – Olio su tavola – Museo nazionale di Varsavia

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