Anche questa domenica ci troviamo a vivere il giorno del Signore chiusi in casa, impossibilitati a partecipare alla messa nelle nostre chiese, perché l’epidemia del coronavirus ci impone restrizioni necessarie per poterlo sconfiggere. Ciò che sta accadendo in Italia e nel mondo è drammatico, ma non dobbiamo perdere la speranza. Ciascuno di noi è chiamato ad una responsabilità civile importante, fondamentale perché tutto possa essere superato. È davvero ammirevole lo sforzo di coloro che lavorano in ambito sanitario e dei numerosi volontari per venire incontro ad una emergenza inimmaginabile. A questi e a tanti altri che con il loro lavoro cercano di rendere normale e vivibile al massimo la nostra esistenza quotidiana non possiamo che dire il nostro grazie, specialmente ricordandoli nella nostra preghiera quotidiana.
Mentre tutto sembra fermarsi, il tempo continua e lo vediamo nella primavera con la sua bellezza dei fiori nei prati, nei giardini, sugli alberi; lo vediamo nella nostra vita, nei giorni che passano, nelle feste che non mancano. Abbiamo celebrato la scorsa settimana la festa di san Giuseppe, ricordandolo come patrono della Chiesa universale e come patrono di tutti i papà. Celebreremo questa settimana, il 25 marzo, la solennità dell’Annunciazione del Signore, proiettandoci così verso il prossimo Natale (fra 9 mesi giusti). L’anno liturgico diventa così un riconoscimento della forza vitale, che nasce dall’incontro con Cristo, vero e unico Salvatore del mondo.
In questa prospettiva, il cammino quaresimale, vissuto alla luce della Parola di Dio, diventa una progressiva riscoperta del nostro battesimo e una adesione più intensa a Gesù. La quarta domenica di Quaresima, offrendo alla nostra riflessione il brano evangelico del cieco dalla nascita, guarito da Gesù, mostra come la fede sia una illuminazione dell’anima, che viene portata a proclamare: “Credo, Signore!” (Gv 9,38b). La cosa che impressiona in questo episodio evangelico è che il cieco, riacquistata la vista, di fronte a molte ostilità e dubbi di chi gli sta attorno, non ha nessun timore di affermare ciò che gli è accaduto: prima non ci vedeva e ora ci vede. Nel Vangelo di Giovanni i miracoli sono chiamati “segni” ed anche questo lo è, rivelando che la luce avuta dall’incontro con Gesù permette di guardare la vita e le cose con il suo sguardo di Creatore e Amante del mondo e dell’umanità.
L’incontro con Gesù è determinante per l’uomo di ogni tempo, lo ricordavo due domeniche fa, riferendomi al dipinto di Caravaggio e anche questa domenica vorrei ribadirlo, prendendo spunto dal volto di Matteo, illuminato, quasi trasfigurato dalla luce che lo inonda. Egli è ormai invaso dallo sguardo di Gesù, che rivolge verso di lui l’indice della mano, quasi a dire: “Mi rivolgo a te, Matteo”. Ed è interessante come Matteo, dal canto suo, con l’indice della sua mano, in traiettoria con l’indice di Gesù, sembra rispondergli: “Proprio a me ti rivolgi, Signore? Io sono un peccatore”. Lo stupore nasce dalla libertà di Gesù, che non ha pregiudizi, ma solamente vuole amare e usare misericordia, perché nessuno si perda, ma risplenda della sua luce. Il guaio, oggi, è che molti occhi sono raggiunti da raggi di luce, che piuttosto di aiutare a vedere, abbagliano, suscitando il buio più forte, così che uno non vede più nulla. Il cieco del Vangelo ha creduto sulla Parola di Gesù, si è lasciato plasmare gli occhi, quasi fosse una nuova creazione, ed è andato alla piscina di Siloe, che significa “Inviato” (che è Cristo stesso) e lì ha visto. Questo ci dice che il miracolo si è compiuto in virtù della fede e non viceversa. È un richiamo forte per noi, che, qualche volta vorremmo fare dipendere la nostra fede da ciò che il Signore fa per noi.
In questo momento storico la fede ci renda capaci di affidare all’amore del Signore il mondo incerto e sofferente e questo possiamo farlo tutti noi credenti anche a nome di chi non crede. Le nostre chiese sono aperte per la preghiera personale e, in modo particolare facciamo presente che in chiesa prepositurale, ogni giorno dalle 9 alle 19 è esposta l’Eucaristia. Sarebbe bello che chi si trova davanti a Gesù eucaristico possa essere convinto di essere lì non solo per sé, ma anche a nome di tutta la Comunità. Questa possiamo chiamarla la “Comunione dei Santi”.
Coraggio, nel nome del Signore usciremo da questa situazione.
don Sergio, don Ennio, don Franco, don Ilario, don Massimiliano, diacono Gabriele