Con Lazzaro divento una nuova creatura

La Quaresima di quest’anno è proprio come il cammino nel deserto del popolo di Israele verso la Terra promessa, dove scorre latte e miele. Siamo tutti in attesa di uscire da una situazione che ci ha come immobilizzati, imprigionati nelle nostre case privandoci della possibilità di vivere la nostra solita vita.

Nella Quinta domenica di Quaresima la parola del Vangelo ci apre alla speranza e prelude al canto di vittoria che sentiremo nella veglia pasquale, quando risuonerà l’Alleluia nelle nostre case, perché non potremo ancora ritrovarci insieme in chiesa per le celebrazioni liturgiche.

Come Marta e Maria, in questi giorni, mandiamo a chiamare Gesù perché Lazzaro, nel quale vediamo gli uomini del nostro tempo, è malato o sta morendo o è morto a causa del Coronavirus. In Gesù, di cui abbiamo celebrato l’Incarnazione lo scorso 25 marzo, vediamo Colui che può salvare questa umanità, perché la conosce, la ama più di se stesso e per essa ha già dato tutto morendo sulla croce.

Davanti alla tomba di Lazzaro Cristo pianse e pensiamo non pianga anche oggi di fronte alle tante morti, alle tante sofferenze ingiuste nel mondo? Piange e consola sfidando ogni situazione di morte, che non è solo quella fisica, ma anche spirituale, che porta all’immobilismo dovuto all’egoismo, all’indifferenza, alla superficialità, alla superba autosufficienza e indipendenza nei confronti del Dio Creatore, tanto da essere confusi e angosciati quando emergono situazioni di fronte alle quali ci si sente impotenti.

La risurrezione di Lazzaro è preludio alla Pasqua, dove la morte sarebbe stata vinta per sempre, aprendo a tutti gli uomini la speranza di un futuro eterno, inimmaginabile prima di allora, ma è anche la gioia di sapere che la parola di Gesù è capace di farci rinascere quando tutto sembra perduto in termini di fiducia, di possibilità di riscattarsi da momenti di fatica, difficoltà, sconfitte, miserie, peccati, limiti.

Riprendiamo l’immagine del quadro del Caravaggio, che si è ispirato all’Adamo della Cappella Sistina dipinto da Michelangelo quasi a voler dire che Gesù dà la possibilità all’uomo, segnato dal peccato, di ritornare ad essere quella creatura che Dio pose nel giardino dell’Eden all’inizio del mondo. Per noi cristiani il motto “andrà tutto bene” deve essere accompagnato dall’umiltà di chi si sente creatura che attende tutto da Dio, il quale non lascia mancare doni, talenti per l’utilità comune e in queste settimane ce ne siamo resi conto vedendo la professionalità di medici, infermieri, operatori sanitari, volontari, addetti nei diversi ambiti lavorativi, che stanno lavorando insieme perché si possa superare questo momento drammatico. Noi li chiamiamo eroi e lo sono, ma perché con generosità mettono in comune ciò che ciascuno porta dentro dei doni ricevuti dal Dio Creatore.

Continuiamo nella preghiera, fatta in famiglia, il cammino quaresimale e la prossima domenica daremo indicazioni per vivere bene il Triduo pasquale.

don Sergio, don Ennio, don Franco, don Ilario, don Massimiliano, diacono Gabriele

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