L’11 febbraio, in occasione della festa della Madonna di Lourdes si celebra la Giornata Mondiale del malato, che quest’anno ha come tema “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,89). Queste sono le parole pronunciate da Gesù quando inviò gli apostoli a diffondere il Vangelo, affinché il suo Regno si propagasse attraverso gesti di amore gratuito, di cui Lui, per primo, si era fatto testimone, come vediamo nel Vangelo di questa domenica con l’episodio della guarigione del servo del centurione pagano. L’azione di Gesù non è legata solo alle persone appartenenti al popolo ebraico, ma vuole raggiungere ogni uomo e ogni donna sulla terra, perché tutti sappiano che Dio è Amore ed ha a cuore tutte le sue creature, dunque anche i pagani. Nel centurione vediamo la fede di un uomo pagano, che voleva bene al suo servo e non voleva morisse a causa di una grave malattia, perciò si rivolge a Gesù, di cui aveva sentito parlare, confidando umilmente nella sua benevolenza: “Io non sono degno che tu entri nella mia casa, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”.
Gesù non si tira indietro e lo guarisce con un gesto di grande gratuità, riconoscendo nel centurione un uomo potente, ma umile, consapevole del proprio limite. Di questo scrive nel suo messaggio per questa Giornata del malato il nostro Papa Francesco: “Ogni uomo è povero, bisognoso e indigente. Quando nasciamo, per vivere abbiamo bisogno delle cure dei nostri genitori, e così in ogni fase e tappa della vita ciascuno di noi non riuscirà mai a liberarsi totalmente dal bisogno e dall’aiuto altrui, non riuscirà mai a strappare da sé il limite dell’impotenza davanti a qualcuno o qualcosa. Anche questa è una condizione che caratterizza il nostro essere “creature”. Il leale riconoscimento di questa verità ci invita a rimanere umili e a praticare con coraggio la solidarietà, come virtù indispensabile all’esistenza. Questa consapevolezza ci spinge a una prassi responsabile e responsabilizzante, in vista di un bene che è inscindibilmente personale e comune. Solo quando l’uomo si concepisce non come un mondo a sé stante, ma come uno che per sua natura è legato a tutti gli altri, originariamente sentiti come “fratelli”, è possibile una prassi sociale solidale improntata al bene comune. Non dobbiamo temere di riconoscerci bisognosi e incapaci di darci tutto ciò di cui avremmo bisogno, perché da soli e con le nostre sole forze non riusciamo a vincere ogni limite. Non temiamo questo riconoscimento, perché Dio stesso, in Gesù, si è chinato (cfr Fil 2,8) e si china su di noi e sulle nostre povertà per aiutarci e donarci quei beni che da soli non potremmo mai avere”.
Lo stile di Gesù deve sempre più diventare quello di noi cristiani, perché solo così sarà dato un annuncio concreto del Vangelo nel mondo contemporaneo.
Concludo riportando le parole finali del messaggio di Papa Francesco: “Maria, salute degli infermi, ci aiuti a condividere i doni ricevuti nello spirito del dialogo e dell’accoglienza reciproca, a vivere come fratelli e sorelle attenti ai bisogni gli uni degli altri, a saper donare con cuore generoso, a imparare la gioia del servizio disinteressato”.
don Sergio