Nella festa dei Santi Patroni Pietro e Paolo, riascoltiamo e meditiamo l’omelia pronunciata da papa Francesco lo scorso anno, a Roma, in occasione di questa solennità.
Pietro e Paolo, due Apostoli innamorati del Signore, due colonne della fede della Chiesa. E mentre contempliamo la loro vita, il Vangelo ci viene incontro con la domanda che Gesù rivolge ai suoi: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Questa è la domanda fondamentale, la più importante: chi è Gesù per me? Chi è Gesù nella mia vita? Vediamo come hanno risposto a questo interrogativo i due Apostoli.
La risposta di Pietro si potrebbe sintetizzare con una parola: sequela. Pietro ha vissuto nella sequela del Signore. Quando quel giorno, a Cesarea di Filippo, Gesù interrogò i discepoli, Pietro rispose con una bella professione di fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Una risposta impeccabile, precisa, puntuale, potremmo dire una perfetta risposta “da catechismo”. Ma quella risposta è frutto di un cammino: solo dopo aver vissuto l’affascinante avventura di seguire il Signore, dopo aver camminato con Lui e dietro a Lui per tanto tempo, Pietro arriva a quella maturità spirituale che lo porta, per grazia, per pura grazia, a una professione di fede così limpida.
Pietro, dunque, ci dice che alla domanda “chi è Gesù per me?” non basta rispondere con una formula dottrinale impeccabile e nemmeno con un’idea che ci siamo fatti una volta per tutte. No. È mettendoci alla sequela del Signore che impariamo ogni giorno a conoscerlo; è diventando suoi discepoli e accogliendo la sua Parola che diventiamo suoi amici e facciamo l’esperienza del suo amore che ci trasforma.
E adesso veniamo all’Apostolo delle genti. Se la risposta di Pietro consisteva nella sequela, quella di Paolo è l’annuncio, l’annuncio del Vangelo. Anche per lui tutto iniziò per grazia, con l’iniziativa del Signore. Sulla via di Damasco, mentre portava avanti con fierezza la persecuzione dei cristiani, barricato nelle sue convinzioni religiose, gli venne incontro Gesù risorto e lo accecò con la sua luce, o meglio, grazie a quella luce Saulo si rese conto di quanto fosse cieco.
L’Apostolo Paolo ci insegna che cresciamo nella fede e nella conoscenza del mistero di Cristo quanto più siamo suoi annunciatori e testimoni. E questo succede sempre: quando evangelizziamo, restiamo evangelizzati. È un’esperienza di tutti i giorni: quando evangelizziamo, restiamo evangelizzati. La Parola che portiamo agli altri torna a noi, perché nella misura in cui doniamo riceviamo molto di più (cfr Lc 6,38).
Fratelli e sorelle, festeggiamo Pietro e Paolo. Essi hanno risposto alla domanda fondamentale della vita – chi è Gesù per me? – vivendo la sequela e annunciando il Vangelo. È bello crescere come Chiesa della sequela, come Chiesa umile che non dà mai per scontata la ricerca del Signore. È bello se diventiamo una Chiesa al tempo stesso estroversa, che non trova la sua gioia nelle cose del mondo, ma nell’annuncio del Vangelo al mondo, per seminare nei cuori delle persone la domanda su Dio. Portare ovunque, con umiltà e gioia, il Signore Gesù: nella nostra città, nelle nostre famiglie, nelle relazioni e nei quartieri, nella società civile, nella Chiesa, nella politica.
don Daniele
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Opera: Santi Pietro e Paolo – Carlo Crivelli – 1470 – National Gallery

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