Dov’è il mio Signore?

Troppo spesso anche noi ci sentiamo frustrati come i discepoli e le donne il mattino di Pasqua: Dov’è il Signore? Perché non interviene? Quante volte anche noi perdiamo la speranza…

Così si è espresso il nostro Arcivescovo la mattina di Pasqua nella sua omelia: riascoltarle ci può aiutare a sentire la presenza del Signore accanto a noi.

Le domande dell’esasperazione s’aggirano per le strade del paese e diventano una specie di sfida. La gente infatti è stanca delle situazioni drammatiche, delle vicende tragiche di cui non si vede via d’uscita. Perciò si aggirano le domande dell’esasperazione: “Quando? Fino a quando? Quanto durerà ancora questo momento greve della storia dell’umanità? Signore, è questo il tempo nel quale ricostruirai il regno per Israele?”. Nella domanda dei discepoli seduti a tavola con Gesù risorto si concentra l’impazienza dell’umanità esasperata.

L’esasperazione degenera poi in disperazione di cui raccolgo il grido nelle carceri dove il regime si è fatto severo, nelle miserie dove le promesse si sono rivelate inganni, nelle emarginazioni dove i muri si sono fatti invalicabili. Fino a quando? Fino a quando?

L’esasperazione corrode anche la fede: diventa insopportabile immaginare un dio che non ascolta, non interviene, non ferma la mano assassina, non impone alle armi il silenzio e non regala alla terra il pane necessario e la pace irrinunciabile. Fino a quando? Fino a quando, Dio, te ne stai in silenzio?

Le domande del possesso s’aggirano per le strade del paese e sono come un cruccio, un tormento. Possedere diventa l’intenzione di un desiderio miope. Avere, poter toccare, sentirsi padrone. L’esperienza insegna che il possesso è una soddisfazione di breve durata. Eppure il desiderio di possedere, di trattenere per sé continua ad ardere come una aspirazione che dà motivo alla fatica, che promette se non la felicità, almeno un sollievo.

Perciò l’umanità in lacrime domanda: “Come posso possedere? Dove, dove è il tesoro? Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”.

Il desiderio del possesso può diventare il ricatto che crea dipendenze: l’astuzia del maligno suggerisce di mettersi a servizio degli idoli, come fossero capaci di colmare il vuoto della vita con la rassicurante proprietà dell’oro, dei rapporti possessivi, delle apparenze.

Il desiderio del possesso può inquinare anche la devozione, come se la preghiera, la pratica religiosa fosse un modo di possedere Dio, di trattenere Gesù dentro le proprie attese, dentro le proprie pretese, dentro i propri schemi.

Dov’è il corpo del mio Gesù? Il mattino di Pasqua è illuminato dall’incontro con Gesù che raccoglie le domande dell’esasperazione e del possesso e vi semina la vocazione alla speranza, alla trasfigurazione della vita: la vita infatti è occasione per costruire la pace, per vivere e morire come lui stesso ha vissuto ed è morto, vivere e morire per amore.

Buona continuazione del tempo di Pasqua!

don Daniele

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Opera: Mattino di Pasqua – Caspar David Friedrich – 1828/1835 – olio su tela – Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid

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