Questa domenica ci prepara a vivere una nuova tappa del calendario liturgico ambrosiano. Dopo avere percorso le tappe della storia della salvezza, la memoria del martirio di Giovanni il Battista (29 agosto) segna la presenza dell’ultimo grande profeta, il Precursore del Signore Gesù, che ha testimoniato con la vita la forza che lo spingeva interiormente.
Le letture di questa liturgia domenicale manifestano la carica di fede che sostiene le vicende di coloro che, pur perseguitati, hanno la consapevolezza di non essere soli, bensì accompagnati e sorretti dal Signore, il quale non abbandona ed è, per tutti, il Dio della vita, che supera ogni violenza e ogni morte.
Per tale motivo, Gesù ci invita a non avere paura di chi vorrebbe distogliere la nostra attenzione da ciò che realmente vale e che può dare significato alla nostra esistenza. E la paura si vince con la fiducia in Dio, per il quale noi uomini siamo un valore immenso, tanto da avere dato per noi il suo Figlio Gesù.
Certi di tanto amore e di tanta premura da parte di Dio, noi possiamo essere pronti anche a perdere la vita a causa del Vangelo, perché la nostra vita, inserita in Cristo, non può morire.
San Paolo è talmente consapevole di ciò da sentire la ricchezza della bontà di Dio come un tesoro difficile da contenere nelle nostre persone così fragili (egli dice che “abbiamo un tesoro in vasi di creta”). Solo così si può manifestare che la forza di certe nostre scelte e azioni non viene da noi, bensì da Dio che agisce in noi.
Già nell’Antico Testamento abbiamo esempi straordinari di scelte coraggiose, di vite spese e offerte per la causa di Dio e per dare testimonianza della fede in Lui.
La liturgia di questa domenica ci riporta il martirio dei sette fratelli Maccabei perché si rifiutarono di trasgredire la legge di Dio. Così disse uno di loro: “Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri”.
Esemplare è anche la testimonianza della loro madre che li ha visti morire ad uno ad uno in un solo giorno “sopportando serenamente per le speranze poste nel Signore” e incoraggiandoli a non tirarsi indietro. Al figlio più giovane disse, tra l’altro: “Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia”. Quella donna esprime una forza d’animo eccezionale, che si può spiegare solo nella grande fede nel Dio della vita e dell’amore. Anche il martirio di Giovanni Battista, che la Chiesa celebra mercoledì prossimo 29 agosto, si inserisce nella scia di coloro che si sono resi testimoni di fronte al mondo della forza che viene da Dio, anticipando quella lunga schiera di uomini e donne che, nel nome del Signore Gesù, non avrebbero esitato a dare la vita in vari modi.
Dobbiamo tenere presente, infatti, che martire significa testimone, così che possiamo parlare di un martirio cruento e incruento. Nella storia della Chiesa sono moltissimi coloro che hanno speso la vita per il Vangelo di Gesù e molti sono ancora oggi quelli che offrono testimonianze splendide di dedizione al Vangelo anche di fronte alle diverse opposizioni. Non manca chi viene ucciso, perseguitato, deriso per affermare la gioia di sentirsi partecipe della vita nuova iniziata da Gesù.
È la persecuzione che, a volte, si fa subdola anche negli ambienti in cui noi siamo chiamati a vivere: famiglia, scuola, lavoro, società, dove il fatto di essere cristiani diventa discriminante. Gesù ci ha assicurato che “chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre che è nei cieli; chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”.
Riconoscere non è solo un fatto di labbra: è appartenere a lui con il cuore e con la vita. Ricordiamo tutti come Pietro pianse amaramente quando, dopo avere rinnegato per tre volte Gesù, si ricordò di quello che egli aveva detto. Il riscatto fu per Pietro la triplice professione di fede, che gli permise di diventare annunciatore appassionato di Gesù e lo fece pronto a dare la vita per Lui.
don Sergio