Nicea 1700 anni dopo: una preghiera che sale da molte lingue, una sola fede

Nicea 1700 anni dopo: il Papa e i leader cristiani insieme dove nacque il Credo

A İznik, sulle rive del lago che custodisce le rovine della basilica di San Neofito, si rinnova il segno dell’unità cristiana. A İznik, l’antica Nicea, il cristianesimo è tornato là dove tutto ebbe inizio. Sotto un cielo terso, sulle rive del lago che nasconde e restituisce memoria, il Papa e il patriarca ecumenico Bartolomeo I hanno proclamato insieme il Credo niceno-costantinopolitano, insieme a vescovi, metropoliti e rappresentanti delle Chiese cristiane di tutto il mondo.

Un gesto semplice nella forma, ma di portata storica, capace di richiamare l’eco del primo Concilio ecumenico del 325. È proprio da Nicea che nacque la formula di fede che ancora oggi unisce oltre due miliardi di cristiani. E tornare qui, 1700 anni dopo, ha il sapore di un ritorno alla sorgente: non per guardare al passato con nostalgia, ma per trovare nel cuore della fede cristiana nuova luce per il presente.

Un luogo che parla di ferite e di rinascita

La celebrazione si è svolta accanto ai resti sommersi della basilica di San Neofito, riemersi solo nel 2014. Quelle pietre antiche, ferite dal tempo e dai terremoti, sembrano parlare un linguaggio che il Vangelo conosce bene: ciò che è caduto può essere rialzato, ciò che è nascosto può tornare alla luce. Un simbolo potente per una Chiesa che, pur nella fragilità, continua a essere guidata dallo Spirito verso la comunione.

Un gesto che vale più di mille discorsi

L’immagine che resterà impressa è quella del Papa e del patriarca Bartolomeo che avanzano insieme, fianco a fianco, lungo la piattaforma che costeggia gli scavi archeologici. Non due figure istituzionali, ma due fratelli di fede. Pietro e Andrea che tornano a camminare l’uno accanto all’altro. I pastori della Chiese, disposti in semicerchio, accendono una candela davanti alle icone di Cristo e dei Padri del Concilio: una luce che attraversa i secoli.

Il Patriarca: la vittoria non è potere, è Croce

Nel suo saluto, Bartolomeo ricorda che il nome “Nicea” significa “vittoria”. Ma non la vittoria che il mondo immagina. La vera vittoria cristiana è la Croce, “stoltezza per le nazioni”, ma potenza di Dio per chi crede. Una vittoria che libera dal peccato e apre alla vita nuova. Oggi, ha detto il Patriarca, tornare alla memoria del Concilio significa ritrovare la sorgente della fede cristiana per poter andare avanti insieme.

Il Papa: chi è Cristo per il mondo di oggi?

Nel suo discorso, il Papa ha riportato al centro il tema decisivo di Nicea: l’identità di Gesù Cristo. Una domanda che non appartiene solo al IV secolo, ma che interpella ogni cristiano: chi è Cristo per noi oggi? Leone mette in guardia da un rischio sempre più diffuso: ridurre Gesù a un semplice leader carismatico, svuotando la fede del suo cuore. “È in gioco – ha detto – la fede nel Dio che, in Gesù Cristo, si è fatto come noi per donarci la vita di Dio”.

Da questa verità nasce il cammino verso l’unità: non un progetto diplomatico, ma un appello spirituale che chiede conversione, ascolto e amore reciproco.

Una preghiera che sale da molte lingue, una sola fede

Il Credo viene pronunciato senza il Filioque. Le preghiere si alternano in greco, latino e inglese. L’acqua del lago freme appena mentre un coro ortodosso accompagna la processione finale. Un mosaico di voci e tradizioni che, pur diverse, riconoscono lo stesso Signore. La benedizione conclusiva, recitata da tutti, suggella un momento che non appartiene solo alla storia, ma alla speranza.

don Cesare

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Foto © Vatican Media


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