Abbiamo celebrato la festa dei santi patroni Pietro e Paolo. I patroni sono santi a cui la comunità cristiana si ispira nel proprio cammino, contando sull’aiuto e sull’intercessione di questi discepoli che hanno dato la vita per il Signore.
Anche Roma festeggia gli apostoli come patroni, allora vorrei riportare alcuni passaggi dell’omelia pronunciata da papa Leone XIV in quella circostanza.
Oggi festeggiamo due fratelli nella fede, Pietro e Paolo, che riconosciamo come pilastri della Chiesa. La storia di questi due Apostoli interpella da vicino anche noi, Comunità dei discepoli del Signore pellegrina in questo nostro tempo. In particolare, guardando alla loro testimonianza, vorrei sottolineare due aspetti: la comunione ecclesiale e la vitalità della fede.
Anzitutto, la comunione ecclesiale. La liturgia di questa Solennità, infatti, ci fa vedere come Pietro e Paolo sono stati chiamati a vivere un unico destino, quello del martirio, che li ha associati definitivamente a Cristo. Sia Pietro che Paolo, dunque, donano la loro vita per la causa del Vangelo.
Tuttavia, questa comunione nell’unica confessione della fede non è una conquista pacifica. I due Apostoli la raggiungono come un traguardo a cui approdano dopo un lungo cammino, nel quale ciascuno ha abbracciato la fede e ha vissuto l’apostolato in modo diverso. La loro fraternità nello Spirito non cancella le diversità dalle quali sono partiti: Simone era un pescatore di Galilea, Saulo invece un rigoroso intellettuale appartenente al partito dei farisei; il primo lascia subito tutto per seguire il Signore; il secondo perseguita i cristiani finché viene trasformato da Cristo Risorto.
La storia di Pietro e Paolo ci insegna che la comunione a cui il Signore ci chiama è un’armonia di voci e di volti e non cancella la libertà di ognuno. I nostri Patroni hanno percorso sentieri diversi, hanno avuto idee differenti, a volte si sono confrontati e scontrati con franchezza evangelica.
I santi Pietro e Paolo ci interpellano anche sulla vitalità della nostra fede. Nell’esperienza del discepolato, infatti, c’è sempre il rischio di cadere nell’abitudine, nel ritualismo, in schemi pastorali che si ripetono senza rinnovarsi e senza cogliere le sfide del presente. Nella storia dei due Apostoli, invece, ci ispira la loro volontà di aprirsi ai cambiamenti, di lasciarsi interrogare dagli avvenimenti, dagli incontri e dalle situazioni concrete delle comunità, di cercare strade nuove per l’evangelizzazione a partire dai problemi e dalle domande posti dai fratelli e dalle sorelle nella fede.
E al centro del Vangelo che abbiamo ascoltato c’è proprio la domanda che Gesù pone ai suoi discepoli, e che rivolge anche a noi oggi, perché possiamo discernere se il cammino della nostra fede conserva dinamicità e vitalità, se è ancora accesa la fiamma della relazione con il Signore: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Ogni giorno, ad ogni ora della storia, sempre dobbiamo porre attenzione a questa domanda.
Se non vogliamo che il nostro essere cristiani si riduca a un retaggio del passato, come tante volte ci ha ammoniti Papa Francesco, è importante uscire dal rischio di una fede stanca e statica, per chiederci: chi è oggi per noi Gesù Cristo? Che posto occupa nella nostra vita e nell’azione della Chiesa? Come possiamo testimoniare questa speranza nella vita di tutti i giorni e annunciarla a coloro che incontriamo?
don Daniele
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Opera: Santi Pietro e Paolo – El Greco – 1587/1592 – Hermitage, San Pietroburgo

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