Che cosa ci ha detto il Papa?

Non solo a noi, evidentemente, dal momento che il pellegrinaggio giubilare del nostro decanato è coinciso con il Giubileo delle forze dell’ordine. Nella sua omelia, il papa si è rivolto a tutti noi; le sue parole di commento al Vangelo della chiamata di Pietro e dei primi discepoli sono indicazioni valide per tutti, per la vita cristiana di ognuno di noi.

L’atteggiamento di Gesù presso il lago di Gennesaret viene descritto dall’Evangelista con tre verbi: vide, salì, sedette. Gesù vide, Gesù salì, Gesù sedette. Gesù non è preoccupato di mostrare un’immagine di sé alle folle, non è preoccupato di eseguire un compito, di seguire una tabella di marcia nella sua missione; al contrario, al primo posto mette sempre l’incontro con gli altri, la relazione, la preoccupazione per quelle fatiche e quei fallimenti che spesso appesantiscono il cuore e tolgono la speranza. Per questo Gesù, quel giorno, vide, salì e sedette.

Anzitutto Gesù vide. Egli ha uno sguardo attento che, pure in mezzo a tanta folla, lo rende capace di avvistare due barche accostate alla riva e di scorgere la delusione sul volto di quei pescatori, che ora stanno lavando le reti vuote dopo una notte andata male. Gesù punta il suo sguardo pieno di compassione. Non dimentichiamo questo: la compassione di Dio.

I tre atteggiamenti di Dio sono vicinanza, compassione e tenerezza. Non dimentichiamo: Dio è vicino, Dio è tenero, Dio è compassionevole, sempre. E Gesù punta quello sguardo pieno di compassione negli occhi di quelle persone, cogliendo il loro scoraggiamento, la frustrazione di aver lavorato per tutta la notte senza prendere nulla, la sensazione di avere il cuore vuoto proprio come quelle reti che ora stringono tra le mani. E avendo visto il loro sconforto, Gesù salì. Chiede proprio a Simone di scostare la barca da terra e ci sale sopra, entrando nello spazio della sua vita, facendosi largo in quel fallimento che abita il suo cuore.

È bello questo: Gesù non si limita a osservare le cose che non vanno, come spesso facciamo noi finendo per chiuderci nel lamento e nell’amarezza; Egli invece prende l’iniziativa, va incontro a Simone, si ferma con lui in quel momento difficile e decide di salire sulla barca della sua vita, che in quella notte è tornata a riva senza successo.

Infine, una volta salito, Gesù sedette. E questa, nei Vangeli, è la tipica postura del maestro, di chi insegna. Infatti il Vangelo dice che sedette e insegnò. Avendo visto negli occhi e nel cuore di quei pescatori l’amarezza per una notte di fatica andata a vuoto, Gesù sale sulla barca per insegnare, cioè per annunciare la buona notizia, per portare la luce dentro quella notte di delusione, per narrare la bellezza di Dio dentro le fatiche della vita umana, per far sentire che c’è ancora una speranza anche quando tutto sembra perduto.

E allora accade il miracolo: quando il Signore sale sulla barca della nostra vita per portarci la buona notizia dell’amore di Dio che sempre ci accompagna e ci sostiene, allora la vita ricomincia, la speranza rinasce, l’entusiasmo perduto ritorna e possiamo gettare nuovamente la rete in mare.

Penso che queste parole possano diventare un punto di riferimento per ciascun cristiano e per le nostre comunità: il papa ce le consegna perché diventino il centro della nostra vita di fede! E non dimentichiamo in questo momento di pregare per il papa e per la sua salute.

don Daniele

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Opera: Apparizione sul lago di Tiberiade – Duccio di Buoninsegna – 1308/1311 – tempera su tavola – Museo dell’Opera del Duomo, Firenze


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