L’unico amore che salva con la sua grazia

“Sì, abbiamo dentro un desiderio di bene, un orientamento a fare del bene, una specie di sogno di essere buoni e di dare gioia a quelli che amiamo, una sorta di legge che ci prescrive di fare il bene ed evitare il male. Ma non ci riusciamo, i nostri propositi si rivelano spesso e presto impraticabili.

Sì, siamo d’accordo che questa situazione di guerre è insopportabile, che la crudeltà che uccide, tormenta, spaventa, tortura è intollerabile, che sono inammissibili gli sperperi enormi per distruggere e uccidere, per rovinare città e paesi. Sì, vorremmo la pace, la riconciliazione ma siamo impotenti, non riusciamo neppure a far sentire la nostra voce, il nostro sdegno.

Sì, vorremmo una città dove sia bello abitare, una città giovane, una città accogliente, una città con tanti bambini contenti e tante famiglie serene. Ma constatiamo che la città invecchia, le famiglie sono stanche per la frenesia quotidiana e per le tensioni esasperanti che le attraversano.

Sì, ci impegniamo per vivere con coerenza e per annunciare con gioia il vangelo di Gesù, la speranza che offre; sì, ci piacerebbe costruire comunità unite, liete, ricche di futuro. Ma se ci mettiamo a calcolare i risultati, constatiamo il nostro fallimento.

Eppure, lo sguardo credente legge la storia umana come storia della salvezza: dentro il destino di impotenza e di sconfitta c’è una rivelazione dell’opera di Dio che salva. Dio opera in Gesù la sua salvezza e la rende accessibile e disponibile per tutti: non come una utopia che crea d’incanto una società perfetta, un mondo felice, una soluzione definitiva ai problemi che affliggono l’umanità.

L’opera di Dio si compie in Gesù e noi professiamo che proprio in lui incontriamo la verità di Dio e la rivelazione del suo amore, proprio in Gesù, figlio di Davide, figlio di Abramo. Noi desideriamo fissare lo sguardo su Gesù per imparare tutto quello che c’è da sapere e tutto quello che si può dire di Dio. Oggi si ha infatti l’impressione che il linguaggio diffuso e anche la pratica ordinaria orientano a dimenticare la mediazione di Gesù, a fare a meno di lui. Un sintomo preoccupante è la consuetudine di abbandonare la celebrazione del segno che Gesù ha indicato perché si celebri il memoriale della sua opera di salvezza, cioè l’eucaristia.

La Messa sembra ridotta a una cerimonia che può piacere o annoiare. Molti dichiarano che non hanno bisogno di partecipare alla celebrazione della Pasqua di Gesù per essere brava gente e per fare tanto bene. Forse per questo i buoni propositi sono troppo inconcludenti, forse per questo l’impegno risulta frustrante, forse per questo il cristianesimo si presenta con una sorta di tristezza per l’elenco delle cose che si dovrebbero fare, ignorando la gioia di essere in comunione con Gesù, con la pienezza della sua gioia”.

Queste parole sono state pronunciate dall’Arcivescovo Mario in occasione dell’apertura dell’anno pastorale, sabato scorso nel Duomo di Milano. Le facciamo diventare anche per noi un programma di vita, per riprendere insieme il cammino delle nostre comunità cristiane, in uno stile di ascolto, di comunione e di collaborazione, perché tanti possano riscoprire la gioia e la bellezza di essere cristiani.

don Daniele

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Opera: Cristo trionfante – Correggio – 1520/1524 – affresco – cupola della basilica di San Giovanni, Parma


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