In questa settimana la liturgia ci invita a vivere la solennità dell’Ascensione del Signore. Posta fra la Pasqua e la Pentecoste, l’Ascensione del Signore è la festa dell’intervallo di tempo in cui Gesù risorto scompare alla vista dei suoi discepoli, dando inizio ad un altro tipo di rapporto con loro, colmo della sua presenza, invisibile, ma profonda.
Il racconto dell’Ascensione conclude le apparizioni di Gesù dopo la sua Risurrezione e rappresenta simbolicamente e proclama l’Esaltazione di Gesù Cristo risorto, cioè la sua intronizzazione alla destra del Padre. Queste parole dell’Arcivescovo Mario, pronunciate in questa solennità la scorso anno, ci aiutano a capirne il significato:
Nella comunità spaventata, depressa, divisa, entra il Signore risorto. I discepoli sono più inclini a credere che sia un fantasma. Sembra che i discepoli siano incapaci di vedere la gloria di Gesù e credano piuttosto in una illusione, in un inganno. Ma Gesù siede a mensa con loro e li introduce alla comprensione delle Scritture. Aprì loro la mente per comprendere le Scritture. Nella comunità impaziente e delusa il Signore risorto semina la speranza non come un esaudimento delle aspettative, ma come un ardore per la missione: Non spetta a voi conoscere tempi e momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito e di me sarete testimoni… fino ai confini della terra.
Nella comunità segnata da divisioni e gelosie, il Signore risorto ha effuso i suoi doni: ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. La celebrazione del banchetto eucaristico offre la grazia di riconoscere la presenza di Gesù, vivo e principio di vita nuova, di nuova gioia, di nuova comunione tra i discepoli. Perciò i discepoli possono accogliere l’invito del salmista: cantate inni a Dio, cantate inni!
Gesù, con l’Ascensione, conclude la sua esperienza storica, ma inaugura dunque una nuova relazione con noi: “Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20), promettendo di dare “la forza dello Spirito Santo, che scenderà su di voi” (At 1, 8).
Fidarsi o non fidarsi? Qui entra in gioco la fede. La Chiesa ora vive alla luce di questa promessa e di questa fede nella sua missione di andare e ammaestrare tutte le genti, battezzandole per la loro incorporazione alla vita trinitaria divina lasciatale in dono. Quando professiamo che Gesù è asceso al cielo, ora sappiamo che siamo di fronte ad una prospettiva di vita altra nella quale il Risorto ci ha preceduti; non il vuoto immaginato per un addio: anzi, dice Gesù, “è bene per voi che io me ne vada perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16, 7).
Con lo Spirito Santo inizierà per la Chiesa un tempo nuovo e una missione nuova; come per Maria, lo Spirito Santo la renderà madre feconda nella gioia della maternità, ma anche sofferente, come ogni madre per i figli perduti. Maria e la Chiesa: stessa missione di portare Gesù.
don Daniele
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Opera: Ascensione – Veronese – 1585 – olio su tela – Musei Capitolini, Roma

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