Un Dio solare, bello e attraente

Quest’anno la decima domenica dopo Pentecoste coincide con il 6 agosto, Festa della Trasfigurazione del Signore, in cui la Chiesa è chiamata a contemplare Gesù sul Tabor, come fecero gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Per loro fu una esperienza straordinaria, che avrebbero compreso, nel suo significato più profondo, dopo la risurrezione di Gesù, quando lo rividero trasfigurato, come qualche tempo prima sul monte: “E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17,2).

Gli apostoli presenti sul Tabor non potevano dimenticare la folgorazione di quel momento e la voce che veniva dalla nube che li aveva coperti: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” (Mt 17,5).

La visione degli Apostoli sul Tabor si inserisce nel contesto del viaggio di Gesù con i discepoli verso Gerusalemme, il luogo in cui egli avrebbe compiuto la missione affidatagli dal Padre di salvare tutti gli uomini. Lungo il cammino Gesù aveva istruito i suoi discepoli insegnando ad essere testimoni di lui e del suo Vangelo e non sempre loro capivano tutto per bene, perché avevano bisogno di vedere quello che sarebbe successo a Gerusalemme con la sua passione, morte e risurrezione.

Senza dubbio lo stupore nasceva dallo splendore e dalla bellezza di ciò che avevano visto, prefigurazione del Gesù trasfigurato, che sarebbe loro apparso nel cenacolo la sera di Pasqua e nei quaranta giorni successivi fino alla sua ascensione al Cielo.

L’esperienza di Pietro, Giovanni e Giacomo è stata quella dell’incontro con un Dio solare, bello, attraente, che fa desiderare di restare con Lui, ma nello stesso tempo di un Dio che chiede di seguire il suo Figlio per imparare a vivere da figli in un cammino che ha come meta la Pasqua, mistero di trasfigurazione e di vita autentica, segnata da una bellezza che non finisce mai.

Mi piace ricordare ogni anno il 6 agosto, l’anniversario della morte di San Paolo VI, che inizia il suo testamento spirituale pensando alla luce del Paradiso: “Fisso lo sguardo verso il mistero della morte e di ciò che segue, nel lume di Cristo, che solo lo rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugato le tenebre e svelato la luce. Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco dalla vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita”.

La serenità di queste parole nascono da una fede forte e da un amore appassionato che San Paolo VI ha avuto nel Signore Gesù, che chiamava “Unico e Necessario” per dare pienezza alla sua vita.

Mentre scrivo penso ai giovani di tutto il mondo, tra i quali anche un gruppo della nostra comunità pastorale, che con don Giuseppe stanno vivendo la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona, con il tema: “Maria si alzò e andò di fretta”. Il tema richiama la visita di Maria alla cugina Elisabetta, dopo avere accolto l’annuncio dell’angelo Gabriele.

Il Patriarca di Lisbona, nella Messa di martedì scorso ha augurato ai giovani di “essere in questa fretta senza ansia, come chi condivide ciò che ha e che riceverà. Ogni nostro incontro deve aprirsi con un autentico saluto, in cui ci scambiamo parole di sincera accoglienza e di piena condivisione”.

Preghiamo perché questi giorni siano per tutti i giovani motivo di fecondità spirituale nell’incontro con un Dio solare, bello e attraente.

don Sergio

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Opera: Trasfigurazione – Raffaello – 1516/1520 – olio su tavola – Pinacoteca Vaticana


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